I portoni d’ingresso
Funzione, uso e sostituzione dei portoni d'ingresso in condominio, disciplina di cancelli e accessi automatizzati, campanelli e citofoni
Portoni d'ingresso: definizione
Si considerano portoni d'ingresso le porte che, indipendentemente dalla loro grandezza, svolgono la principale funzione di mettere in comunicazione l'edificio con l'esterno, per cui, salvo patto contrario, si considerano di proprietà comune con il conseguente corollario che tutti i condomini hanno il diritto di fruirne e il dovere di partecipare alle spese necessarie per la loro manutenzione, riparazione e/o ricostruzione, in proporzione alla propria quota millesimale di proprietà, secondo i criteri stabiliti dall'art. 1123 c.c., salvo diverso titolo.
Funzione e uso dei portoni d'ingresso
La presunzione di comunione prevista dall'art. 1117 c.c. si estende, secondo dottrina e giurisprudenza, a tutti i manufatti o i locali aventi la funzione di far comunicare l'edificio con la pubblica strada, costituenti elementi necessari per la configurazione stessa del fabbricato e, dunque, strumenti indispensabili per il godimento, la conservazione, la protezione e la salvaguardia della proprietà individuale e per la sicurezza dei terzi. In particolare, si ritiene che i portoni di ingresso forniscano una doppia utilità a vantaggio di tutti i condomini: una diretta, al singolo condomino per la fruizione della sua proprietà esclusiva; l'altra indiretta, per consentire l'utilizzazione e la manutenzione degli altri spazi comuni (App. Milano 3 luglio 1992).
In considerazione di tali specifiche funzioni, svolte a favore della generalità dei condomini, le caratteristiche costruttive di tali opere sono irrilevanti ai fini della condominialità, per cui la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. opera sia per il portone d'ingresso "che sia strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di due corpi di fabbrica, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un'unica entità immobiliare", sia per il portone comune a due edifici limitrofi e destinato permanentemente a dare accesso ad entrambi (Cass. n. 4986/1977).
Analogamente, negli stabili dove si registra la presenza di più portoni (c.d. ingresso principale, secondario), a causa delle particolari conformazioni dei fabbricati condominiali, gli stessi saranno considerati di proprietà comune, salvo patto contrario.
Si ritiene, inoltre, in ragione del servizio generale prestato all'unità dell'edificio, che la comproprietà dei portoni d'ingresso vada attribuita a tutti i condomini, a prescindere dall'utilizzo, sicché la giurisprudenza ha ravvisato la presunzione di comunione del portone d'ingresso anche nei confronti delle proprietà esclusive servite da ingresso indipendente rispetto a quello destinato agli altri piani dello stabile (Cass. n. 3644/1956).
In considerazione di tali specifiche funzioni, svolte a favore della generalità dei condomini, le caratteristiche costruttive di tali opere sono irrilevanti ai fini della condominialità, per cui la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. opera sia per il portone d'ingresso "che sia strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di due corpi di fabbrica, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un'unica entità immobiliare", sia per il portone comune a due edifici limitrofi e destinato permanentemente a dare accesso ad entrambi (Cass. n. 4986/1977).
Analogamente, negli stabili dove si registra la presenza di più portoni (c.d. ingresso principale, secondario), a causa delle particolari conformazioni dei fabbricati condominiali, gli stessi saranno considerati di proprietà comune, salvo patto contrario.
Si ritiene, inoltre, in ragione del servizio generale prestato all'unità dell'edificio, che la comproprietà dei portoni d'ingresso vada attribuita a tutti i condomini, a prescindere dall'utilizzo, sicché la giurisprudenza ha ravvisato la presunzione di comunione del portone d'ingresso anche nei confronti delle proprietà esclusive servite da ingresso indipendente rispetto a quello destinato agli altri piani dello stabile (Cass. n. 3644/1956).
Sostituzione del portone e innovazioni
In tal caso, la giurisprudenza ritiene che tali sostituzioni non vadano considerate come innovazioni, ma come migliorie apportate al bene comune per agevolarne l'uso e, dunque, le relative spese vanno legittimamente ripartite tra i condomini.
Analogamente, sono considerati semplici miglioramenti e come tali assoggettati ai criteri di ripartizione delle spese previste per i beni comuni, le serrature a codice digitale o l'installazione di sistemi per l'apertura automatica del portone (Cass. 3795/1982). Invece, è stata considerata innovazione vietata l'installazione di una seconda serratura al portone d'ingresso non collegata al citofono, poiché la stessa, costringendo ogni condomino ad aprire il portone manualmente, comprime così la facoltà di godimento della cosa comune (Trib. Milano 1993).
Cancelli e accessi automatizzati
Il principio sopra esposto vale anche per l'automatizzazione dei cancelli (con comando a chiave o telecomando) che non va considerata innovazione ma mera miglioria delle parti comuni.
La giurisprudenza è costante, infatti, nell'affermare che "in tema di condominio di edifici la delibera assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di un'area di accesso al fabbricato condominiale con un cancello o con una sbarra coman¬dati elettricamente e con consegna del congegno di apertura e di chiusura ai proprietari delle singole unità immobiliari, rientra nei poteri dell'assemblea dei condomini, attinenti all'uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, e non incorre, pertanto, nel divieto stabilito dall'art. 1120, secondo comma, c.c. per le inno-vazioni pregiudizievoli delle facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull'essenza del bene comune, né alterandone la funzione o la destinazione "(Cass. n. 9999/1992).
Campanelli e citofoni
Analogamente, rientrano nella nozione di beni comuni, anche gli impianti video installati per il controllo visivo degli accessi nell'edificio, poiché tale installazione non è soggetta, secondo la giurisprudenza, alle norme sulle innovazioni, salvo che si tratti di impianti molto complessi (Cass. n. 3795/1982).
È pacifico, pertanto, che la ripartizione delle spese relative alla manutenzione, riparazione e/o sostituzione dei beni sopra descritti, debba avvenire secondo i criteri proporzionali stabiliti dall'art. 1123 c.c.